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Muskin, Pellemela e le altre pelli vegetali ecologiche

Sono sempre di più le aziende del mondo del fashion vicine al tema dell’ecologia. Negli ultimi anni numerosi brand hanno deciso di portare avanti un tipo di produzione in grado di rendere la propria moda “consapevole”, mostrando una forte sensibilità nei confronti di più di una problematica ambientale. Si dà per esempio maggiore importanza alle possibilità di riciclo degli abiti e dei loro packaging e si pone particolare attenzione a utilizzare tutti quei materiali connotati da un basso impatto ambientale. In quest’ottica la parola chiave della moda è animal-friendly, intesa come allontanamento dalle logiche di sfruttamento e abbattimento degli animali per la produzione e la lavorazione di pelli di vario genere.

Questo cambiamento di visione del mercato è stato abbracciato da numerosi stilisti e brand, come Stella McCartney, H&M e Timberland. Ogni marchio contribuisce a suo modo per rendere più green la sua attività con lo sviluppo di cicli di produzione meno dispendiosi dal punto di vista energetico, con l’ideazione di linee ecosostenibili, oltre che con l’esclusione di prodotti a base di pelli di animali dal proprio store. La scoperta di materiali alternativi a pelle e pellicce continua infatti ad aumentare anche grazie alla continua ricerca di materie prime naturali e vegetali.

Anche se sono già stati fatti numerosi passi avanti con l’estensione del mercato delle pelli sintetiche e delle pelli animali conciate utilizzando elementi vegetali, i più grandi mutamenti sono legati alle soluzioni più audaci, in cui le pelli sono composte al 100% da materiali di origine vegetale. Negli ultimi anni i professionisti che hanno lavorato duramente per trovare materiali adatti a sostituire il pellame sono stati molti e tutti sembrano avere buone premesse per applicazioni concrete.

Muskin è uno di questi nuovi materiali. 100% vegetale, utilizza eco-cere al posto di sostanze inquinanti e tossiche per l’uomo ed è quindi adatto anche a chi soffre di particolari allergie. Si compone interamente del cappello di un fungo non commestibile, denominato Phellinus ellipsoideus e, nonostante le sue capacità siano ancora limitate, ha ben altre qualità, tra cui il fatto di essere idrorepellente e termicamente isolante. E che dire di WineLeather, la pelle che nasce dalla vinaccia? Tutte le bucce, i semi e i raspi d’uva che durante la vendemmia vengono scartate possono dare vita a un biomateriale completamente vegetale grazie all’azienda Vegea.

Non solo i funghi, ma anche i frutti possono essere la materia prima dei capi in pelle del futuro. Bucce e torsoli della mela se lavorati e resi farina concorrono per il 76% alla creazione della pellemela, una sostanza biodegradabile che potrebbe sopperire allo spreco di queste parti di scarto del frutto in grandi produzioni. Piñatex invece si compone delle fibre delle foglie dell’ananas, ispirandosi alla lavorazione tipica della camicia tradizionale filippina barong tagalog, per dare vita a un materiale interamente biodegradabile e concimante. Una soluzione questa realmente innovativa e anche economica, scelta da brand del calibro di Camper e Puma per alcuni loro prodotti.

Questi sono solo alcuni esempi delle nuove possibilità di lavorazione e dei materiali innovativi che possono contribuire enormemente a rendere migliore il nostro stile di vita. Scegliamo di dare anche noi un piccolo contributo per salvare l’ambiente a partire da ciò che indossiamo!

 

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