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Il frigorifero di Einstein. Un caso curioso di come scienza e tecnologia utile possano intersecarsi

A distanza di più di sessant’anni dalla sua scomparsa, Albert Einsten è ancora in grado di suggerire grandi idee innovative. Un gruppo di studiosi di Oxford guidato da Malcolm McCulloch nel 2008 ha iniziato a perfezionare un’invenzione del celebre fisico con lo scopo di attualizzarla e renderla fruibile da tutti noi.

Lo scopo? Ridurre i consumi domestici di energia e rendere più ecologico l’elettrodomestico destinato alla refrigerazione.

Al centro dell’attenzione del lavoro del team di McCulloch vi era un frigorifero brevettato da Einstein e dal suo collega Leo Szilard nel 1930. Basato su un sistema ad assorbimento che sfrutta le fonti di calore durante il suo utilizzo, questo elettrodomestico ha catturato l’attenzione degli studiosi di Oxford per diversi motivi, in particolare perché si differenza dai frigoriferi a compressione prodotti fino a pochi decenni fa, all’interno dei quali veniva inserito il freon, gas refrigerante ritenuto nocivo e dannoso per l’ambiente. Una rivisitazione del progetto iniziale dei due fisici è stata vista come una valida ed ecologica alternativa da introdurre nella vita quotidiana.

Il “frigorifero di Einstein” ha più di una caratteristica positiva. In primo luogo non prevede la presenza di parti in movimento e ciò significa che si riduce notevolmente la possibilità che le guarnizioni si deteriorino. Questo si traduce in una maggiore durata del prodotto e dunque in minori consumi. Un secondo aspetto di grande valore di questo elettrodomestico green è la sua capacità di funzionamento anche senza l’utilizzo di elettricità. Ciò non significa esclusivamente risparmio energetico: questa sua caratteristica permette ai paesi in via di sviluppo di utilizzare un sistema di refrigerazione adatto anche in condizioni estreme.

Come funziona nello specifico questo frigorifero secondo il progetto originario? Il meccanismo è molto semplice. L’acqua e l’ammoniaca iniziano il ciclo mescolandosi tra loro nella caldaia grazie a una fonte di calore. L’ammoniaca, divisa dall’acqua, passa poi alla fase di evaporazione, necessaria per abbassare la temperatura di ebollizione in fase di incontro con il butano. L’acqua invece si occupa di sottrarre calore e rendere la temperatura ancor più bassa. Il ciclo si conclude nel serbatoio, dove l’acqua e l’ammoniaca si incontrano per ricominciare poi nuovamente la sequenza nella caldaia.

Questo meccanismo circolare è stato fonte di ispirazione per gli ingegneri di Oxford perché garantisce di sopperire a una serie di problematiche di grande interesse dal punto di vista dell’ecosostenibilità. L’idea alla base dello sviluppo dei sistemi refrigeranti ad assorbimento è lo sfruttamento di tutti i suoi vantaggi a favore di un migliore stile di vita e di un maggiore risparmio energetico. L’abbattimento dei costi di manutenzione, la ridotta alimentazione necessaria e anche la durevolezza dei materiali utilizzati rappresentano un ottimo punto di partenza per un cambiamento delle abitudini in senso positivo.

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